Conversare è conservare
Un atto di semplice e umana conversazione è, innanzitutto, una palese dimostrazione di educazione fra le genti che sono interessate a dar vita a relazioni che hanno lo scopo di conservare tanto il rispetto delle loro menti quanto la loro conservazione vitale.
Un atto di semplice conservazione, però, non si può fermare alla sola vita umana, ma alla vita del tutto universale, e questo richiede un maggiore e più profondo dialogo fra le genti che desiderano giungere a superare la conversazione sino al punto di mettersi nei “panni di”… un filo d’erba, un sasso, una lucertola, una lumaca, una goccia d’acqua, un grappolo d’uva, o di un raggio di sole, etc. In sintesi si tratta di volersi rendere conto che tutte le altre esistenze, che non siamo noi, hanno bisogno, per conservarsi, soprattutto della collaborazione e della condivisione umana.
Aldo Leopold (1887-1948), l’ecologista statunitense, poco noto ai molti, affermò più di mezzo secolo fa che: Ogni nostra tutela della natura selvaggia è destinata a fallire, poiché per prenderci cura dobbiamo poter vedere e accarezzare, e quando in troppi hanno visto e accarezzato non restano più luoghi selvaggi di cui prendersi cura. Sostenendo così che le cose giuste da fare sono quelle che tendono a conservare l’integrità e la bellezza dell’intera comunità di forme viventi mentre, nel momento in cui si desse valore a un opposta tendenza, l’intero progetto di conservazione risulterebbe fallimentare.
Quindi, questo stretto rapporto fra il conversare e il conservare, diventa ancor più efficace se si rendesse attivo e costante questo tema-problema educativo-formativo, specialmente in un’ottica interdisciplinare, da promuoversi dalla scuola primaria sino all’università.
È dunque il concetto stesso del prendersi cura che si sviluppa dal rispetto quotidiano per le varie forme di vita, che la terra potrà dare buoni e giusti frutti se il contadino e il proprietario terreno sapranno conversare fra loro e “dialogare” rispettosamente con la natura. Cosi, in questa cooperazione, si potranno correttamente evolversi, nel loro prendersi cura della vita vegetale che stanno facendo “nascere” nella più biologica naturalezza. E se ciò venisse a mancare, avremo un evidente impoverimento generale della condotta di conservazione alla quale si deve aspirare.
Ma ancora oggi, nelle prassi educative, la vera conversazione tocca limitatamente il grande concetto di beni comuni, che dovrebbe entrare nella mente-corpo di tutti, perché sappiamo benissimo che ecologia e pedagogia, in questa dimensione, sono valori etici che non si possono trasgredire, e tantomeno rimandare, e ancor meno abusare.
E sempre a proposito di questo tema educativo-relazionale con la natura, l’ecologista Aldo Leopold affermava: Conservare significa favorire il corretto funzionamento delle proprie risorse ed evitarne l’abuso, poiché esse potrebbero deteriorarsi ancor prima d’esaurirsi, e talvolta quando ancora sono presenti in abbondanza.
A conferma della conservazione come pratica utile e positiva, è quindi un bene saper fare uso di abilità e di intuizioni che sono sempre connesse al ricco esercizio di conversazioni fra le genti che amano la vita e il tutto universale.
C’è bisogno di formare persone che prendano coscienza del bisogno e del valore dei concetti come equilibrio, armonia, integrità, stabilità, etc., e perché no anche di bellezza: tutti valori che gli esseri umani dovrebbero poter recuperare poiché nei confronti della natura, questi, non sono più trattabili, poiché ormai dovrebbero far parte del più sano e saggio pensiero comune. Un pensiero che si oppone alla forzatura della manipolazione nei confronti della natura, che poi rischia nel breve periodo di “toccare” gravi e rischiosi livelli antieconomici.
La terra, la natura, la vita animale e inanimata, non hanno più bisogno di abusi chimici e abusi iper produttivi: è giunto il momento di aumentare la conversazione, il dialogo fra le genti comuni, poiché non si tratta più di continuare a piantare prodotti e merci che limitano l’ambiente come spazio naturale, no. Abbiamo bisogno di persone che iniziano a “piantare” nuovi pensieri, nuove visioni della natura, mettersi nei panni di un filo d’erba, e non continuare a “sparare” sul terreno che, per fortuna, ancora potrebbe essere curato e rinvigorito nel rispetto dei suoi tempi e suoi spazi evolutivi olistici e biotici.
Saper parlare a tutti di natura e di ambiente, di clima e di cibo, e magari poterlo fare anche attraverso il linguaggio poetico in grado di stimolare maggiore fantasia e bellezza, è molto importante poiché la conversazione poetica è forse, più del nostro linguaggio quotidiano, in grado di toccare le corde emotive che debbono essere riattivate specialmente nei confronti di questo tema di primaria importanza per la nostra specie, come pure per l’universalità di tutte le forma di vita.
Ecco quindi, come esempio, un frammento poetico stimolatore di conversazioni verso la natura, tratto dalla raccolta Foglie d’erba di Walt Whitman (1819-1892):
Hai creduto che mille acri fossero molti? che tutta la terra fosse molto?
Ti sei esercitato così a lungo per imparare a leggere?
Tanto orgoglio hai sentito perché afferravi il senso dei poemi?
Fermati con me oggi e questa notte, e ti impadronirai dell’origine di tutti i poemi.
Ti impadronirai dei beni della terra e del sole (ci sono ancora milioni di soli).
Non prenderai più le cose di seconda o terza mano, né guarderai con gli occhi dei morti, ne ti nutrirai di fantasmi libreschi.
E neppure vedrai attraverso i miei occhi o prenderai le cose da me.
Ascolterai da ogni parte e le filtrerai da te stesso.
Ragazze e ragazzi, abbiate lo spirito e la creatività di mettervi nei panni di questo fiore che, pur di vivere, sa sbocciare anche in mezzo a una strada di catrame fatta dagli uomini, e rendetevi conto di quanto la sua vita sia davvero molto più complessa, rischiosa e limitata della nostra.
di Maurizio Spaccazocchi