Da Socrate a Montale: ciò che la scuola non ha voluto capire!
Noi tutti stiamo vivendo in una società che ci invade ogni secondo di messaggi, stimoli, interpretazioni, fatti, etc. che sembrano tutti voler apparire certi, scontati, sicuri, squadrati da ogni lato, anche se tutto questo non è affatto vero. I fatti, le cose, le azioni, gli eventi che ci “cadono” addosso, sono così tanti e incombenti che ci diventa davvero difficile riuscire a mostrare quella nostra dipendenza critica che dovrebbe permetterci di capire che la “realtà” non è mai un dato scontato e certo. Anzi, al contrario, la “realtà” è portatrice di ambiguità e di imperfezione. Una imperfezione che è poi tipica dell’uomo che, invece di accettarla ed elaborarla in più interpretazioni, preferisce acquisirla come dato sicuro. E la Scuola, ancora oggi, a quanto pare, sembra essere quella “personalità” che ritiene di dover trasmettere dati, interpretazioni e conoscenze certe, squadrate da ogni lato, anche quando nulla è formato, quando nulla è solo quello che è. Ad esempio, la Scuola come “entità insegnante”, non sembra aver riflettuto affatto sul socratico motto Scio me ne scire (Sapere di non sapere) che afferma e conferma quanto siano le cose che non sappiamo e quanto non sia possibile conoscere il tutto definitivo di una sola cosa.
E allora, quanto è giusto affidarsi a insegnamenti che attribuiscono alla conoscenza una certezza definitiva? Quanto è giusto che un insegnante tenda metodologicamente a “far segni” (in-signere) che, in quanto “segni”, si fissano come dati definitivi nella corpo-mente dei nostri giovani, quando invece sappiamo che già una sola e semplice parola si amplia e si arricchisce verso contesti e campi interpretativi molto diversi?
La Scuola delle formule certe, sicure e stabili nel tempo, come quella delle interpretazioni definitive e scontate, non potrà mai essere una Scuola che si sforza per attribuire più significati diversi a una stessa conoscenza, sia essa di natura letteraria, poetica, musicale, pittorica, tecnologica-digitale, scientifica, etc.: questo perché il futuro della conoscenza umana ha il diritto e il dovere di saper-essere fondamentalmente in-de-finito.
La stessa Scienza moderna vive oggi costantemente nel tentativo di riuscire a giustificare una certa ipotesi, pur sapendo che, dopo esserci riuscita, resta sempre e comunque cosciente sulla possibilità che quel risultato ottenuto sia un solo punto fra i tanti possibili punti offerti da altre e diverse interpretazioni.
Oggi, siamo quindi alla ricerca di una Scuola che possa aiutare il corpo-mente dei nostri giovani a mantenere, difronte a ogni nuova esperienza-conoscenza, il socratico motto basato sul principio che ogni certezza è rinnovatrice di incertezze. A ogni studio, come a ogni interpretazione, il compito di una sana educazione, è quello di stimolare la ricerca della polisemia semantica, cioè quella facoltà intellettuale che permette di riuscire ad attribuire più significati a un evento, a un testo, a una musica, a una poesia, a una formula geometrica, a un quadro, etc.
Concludendo:
Ragazze e ragazzi, per potenziare la vostra dote polisemica, leggete attentamente a casa, da soli, la seguente poesia di Eugenio Montale Non Chiederci la parola (da Ossi di Seppia, 1923):
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Cercate poi, sempre da soli, a dare un senso alle tante frasi cariche di quei non che cercano di esprimere sia le incertezze umane e sia quelle presenti in ogni forma di conoscenza.
Poi, portate questa poesia in classe, e prima parlatene con i vostri compagni e poi parlatene con il vostro prof. di Lettere. E non dimenticate di parlarne anche con tutti i prof. delle altre materie. Non si sa mai che potreste cogliere molti più indirizzi sulla impossibilità di sapere con certezza le cose della vita. Come pure il sapere non semplice da esplicitare in merito a ciò che ognuno di voi è, e in merito a ciò che ognuno di voi vuole dalla vita.
Non chiederci la parola di Montale è un grande manifesto dell’uomo contemporaneo che ha l’obbligo di essere sempre più consapevole della sua minuscola presenza sia difronte all’universo, e sia difronte al suo limitato sapere in rapporto a quanto ci sia da sapere.
Dunque spetta a voi giovani affrontare la vita nel dubbio della critica, nella ricerca delle interpretazioni diverse dei fatti e delle cose: insomma, nella presa di coscienza della imperfezione che è in tutti noi.
di Maurizio Spaccazocchi