I sensi della scrittura dal corpo alle parole
di Alfonso Tramontano Guerritore
“Non dimenticate mai la meraviglia di ogni pensiero messo in ordine con il linguaggio, qui con la scrittura, con immagini o segni, tracce di umanità condivisa e libera in un altrove privo di tempo, dove non esiste la morte e la memoria ha un corpo”
Una parola nasce dal buio, dal niente che accompagna il pensiero: scrivo. L’ho immaginata, era un’ombra confusa, dai contorni incerti, priva di dettagli. L’ho delineata poco per volta con precisione maggiore, di nuovo ho messo avanti un’idea più generale, una disposizione in una sorta di teatro dove c’era il movimento, la protezione nella dimensione del sogno. Ecco il bianco, squarci e toni, altre formazioni di colori nel luogo in cui un momento prima non c’era niente e serve un foglio, una superfice.
Scrivere è il suono. “Scr” rompe il silenzio che ci aspettava, come una finestra spalancata in un’ambiente insonorizzato, una chiusa ermetica sorpresa da un varco, una bocca dischiusa e il suono di una vocale, “A”. Di nuovo silenzio, un altro suono, una consonante, “T”. Le particelle si mettono insieme, si articolano, di nuovo si ripete l’abbinamento con l’esercizio: dov’è finito il nulla, il silenzioso nulla che appena prima era padrone del regno? Non è scomparso. Si ritrova in un disegno precedente, un fondale su cui muove il ticchettare dei tasti in questo momento, che io percorrevo rapidamente tornando indietro a cancellare gli errori, liberando una scomposta e irregolare sinfonia, mentre chi legge non ha quest’impressione, probabilmente segue le parole e non c’è altro, pratica il significato superando la barriera.
MA SE CHIEDESSI INVECE DI SOTTOLINEARE CON LA VOCE E LA PRONUNCIA questa breve frase appena trascritta in maiuscolo? La griderei? Mi limiterei a scandirla? Avrei un’espressione per le parole e un significato? La scrittura comprende pittogrammi, graffiti segni arabeggianti, punti e crepe in un ordine misterioso, geroglifici e mappe, disposizioni. Quanta roba si nasconde in un processo antichissimo così stretto in un abbraccio al pensiero?
L’abbraccio. La lettera e la mancanza. Una gran confusone ci attanaglia, perché la ferma di un tempo, la posa in cui mettiamo in ordine le frasi, il modo in cui usiamo le parole e cerchiamo qualcosa, disegnando lettere su lettere, richiama altro. Richiama un altro. Vuole, costruisce presenza. Queste lettere che fanno parola e a loro volta frasi, ebbene, sono prossime parenti strette alle nostre facce, ai pensieri che muovono le espressioni, ai gesti. «Ad un certo punto finalmente l’uomo chiuse gli occhi e avvicinò la bocca alla bocca di lei, mentre il mondo intorno fece silenzio che quasi non esistette più». Voglio dire che se scrivo, vedo delle cose. E se le vedo, è come se le creassi, ancora meglio rispetto al pensiero.
Le immagini prendono forma e con esse le intenzioni, come quando scrivo per arrivare concretamente da qualche parte. Io ho la guerra davanti e penso a lei. «CARO AMORE, NON SO DOVE SARAI QUANDO LEGGERAI QUESTO MIO MESSAGGIO». Se sono morto, durante la lettura sarò ancora vivo e oltre ancora. Se descrivo in qualche modo un odore, una sensazione o un luogo, chi legge avrà un tentativo di ricostruzione più o meno riuscito di un odore, di una sensazione o di un luogo. CORPO NUDO DI DONNA CHE DORME, CORPO NUDO DI UOMO CHE POSA PER UN DIPINTO. TRAMONTO. Ecco le apparizioni, le creazioni.
Siamo in un mondo artificiale che, però, riprende una realtà. La rende pregna di una impalpata bellezza. Non esisteva forse da qualche parte il mio gesto, l’abbraccio, mentre lo pensavo? Mi piace credere di sì. Io scrivo che ti abbraccio, ma non è solo un ordine formale. Scrivo che le mie dita si congiungono dietro la tua schiena, più in alto a premerti dolce sul collo, poi sulla nuca e sulla testa. Forse mi sentirai, così come sentirai il cuore che batte appena più forte durante il movimento, nell’apertura e nella chiusura degli arti, e poi ancora ci sarà il respiro. Intanto, durante piccoli esercizi di creazione, di empatia letteraria, di comunicazione, la nostra solitudine totale, quella presente sul foglio che prende forma di frasi e intenzioni, si è già riempita di sensazioni, di presenze, come accadrà quando qualcuno leggerà di un nuovo piccolo e potentissimo mondo.
Volevo dire questo.
Ora tirate il fiato come sto facendo io, e mai più dimenticate la meraviglia di ogni pensiero messo in ordine con il linguaggio, qui con la scrittura, con immagini o segni, tracce di umanità condivisa e libera in un altrove privo di tempo, dove non esiste la morte e la memoria ha un corpo.
(foto di apertura in homepage by Yannick Pulver on Unsplash)